7/21/2013

IN CERCA DI CHI L'HA FATTA # 2

LA VECCHIA CHE VA IN CERCA DI CHI L'HA FATTA SUL PAVIMENTO

Margaret Mazzantini, Il catino di zinco, Milano: A. Mondadori, 2013, p. 12.
Prima edizione dell'opera presso Marsilio editore, 1994.
"Una volta c'era una vecchia cattiva e sudicia, con le vesti così lunghe da pulirci tutto il pavimento. Si teneva in casa una serva giovane, che lavorava dalla mattina alla sera senza fermarsi mai. 
Un giorno a questa serva le scappò di fare un bisogno, ma la vecchia stava sempre lì come un gufaccio a controllare. Allora, spolverando s'accucciò un attimo, e lo fece in terra a mo' di cane.
Quando la vecchia vide quel bel tortino fumante in mezzo alla stanza divenne una diavola, e subito chiamò a raccolta l'intero paese per svergognare la serva. A turno tutti interrogarono quello stronzo con il ricciolo, ch'era detto appunto faravioletto, chiedendo: «Stronzetto con quel faravioletto in capo, dimmi chi t'ha cagato?» E lui sollecito rispondeva: «Passa là, che tu non sei stato!» Durante la processione la servetta si faceva sempre più rossa e tremava, mentre la padrona, accoccolata nel fosso della sua sedia spagliata, si godeva la scena. Ma quando la ragazza con la voce piccina piccina fece la domanda, lo stronzo la licenziò con la solita risposta. 
 
Si alzò un mormorio tra la gente. La vecchia, temendo che lo stronzo fosse timido, gli si avvicinò per vezzeggiarlo, e gli chiese, tutta zucchero e miele: «Stronzetto, mio stronzetto con quel faravioletto in capo, dimmi, delizioso, chi t'ha cagato?» Allora lui tirò fuori un gran vocione, e sbottò: «Tu, brutta vecchiaccia!» E la vecchia si buscò un sacco di legnate" (p. 12).
Margaret Mazzantini (classe 1961), al suo romanzo d'esordio.
 
 
Note di ©えっゃん  
- note di commento sono testi creativi originali ed, in quanto tali, soggette alle norme sul diritto d'autore -

 
L'autrice ha scritto in memoria della nonna, Antenora, morta in seguito ad un ictus.
Il racconto nel racconto. Nel primo capitolo viene riportata una storiella umoristica che l'io narrante aveva sentito raccontare dalla nonna a Roma.
La storiella affronta in maniera divertente un tema di rilievo socio-antropologico: il contrastato rapporto tra due donne che incarnano ruoli sociali complementari ed opposti, la vecchia padrona e la giovane serva.
La padrona opprimente bistratta la giovane ridotta in condizione schiavile (così nel mondo antico).
Nel raccontino la cacca è l'elemento livellatore della tensione tra le rappresentanti di due differenti classi (classi sociali e generazionali). La cacca produce vendetta difendendo i diritti e i “bisogni” essenziali dei ceti subalterni. Per sommo spregio – con il massimo dell'effetto dissacrante e della comicità carnevalesca (quella che predilige la risata crassa suscitata da argomenti bassi) – la rivalsa dei servi viene attuata attraverso uno stronzo fumante che, non per niente, si comporta da vero “stronzo", sostenendo con proterva arroganza la menzognera accusa che rovescia la situazione in favore della serva: "La colpevole sei tu, vecchiaccia!". La burla porta ad un rovesciamento della situazione ma, attenti, il fatto che la cacca sia presentata come un personaggio parlante indica che siamo nella dimensione dell'assurdo e solo in questa dimensione è attuabile il tentativo di derisione (se non proprio di sovvertimento) dei rapporti di potere tradizionali. In altre dimensioni, tutto ciò sarebbe inconcepibile ed indicibile.
Nella dimensione dell'assurdo la situazione viene portata all'estremo, offrendo deformazioni ed esagerazioni retoriche: da una parte, la serva supera i limiti della decenza concedendosi di evacuare sul pavimento, dall'altra la vecchia è tiranna e megera, è sudicia e cattiva, ha un atteggiamento eccessivamente oppressivo nei confronti della serva, non concede a nessuno – nemmeno a se stessa – comportamenti che possano essere ricondotti all'idea di una certa mollezza di vita (infatti, la sedia su cui siede abitualmente è spagliata e sfondata) poi, invece di punire il risibile “misfatto” in sede privata, mette in essere un “processo” pubblico caratterizzato nella forma e nel linguaggio da modi artatamente teatrali. Si esagera, dunque, in ogni singola azione e lo si fa in preparazione della rottura dell'ordine costituito con conseguente esplosione finale di riso liberatorio.
Abbiamo un lieto fine? Uno stronzo depositato nel posto sbagliato (sul pavimento), comportandosi come un “pezzo di merda”, rovescia le regole del gioco e rimette le cose a posto, ristabilendo un po' di ordine e di giustizia (sociale) dove prima c'era solo oppressione.
La carica rivoluzionaria della storiella, tuttavia, continua a sembrarmi più superficiale che sostanziale. Vero che nell'immediato la cacca riesce ad ottenere per la serva la liberazione dalle bastonate punitive e la salvezza dalla vergogna del pubblico ludibrio ma si tenga conto che nella storiella la serva ha l'unico merito di aver deposto una deiezione corporale nel posto sbagliato. Per il resto, la serva non ha voce né consapevolezza (anzi, ha paura di parlare) e il cangiamento della sua (compassionevole) sorte arriva (insperatamente) solo attraverso un intervento (esterno) con la mediazione da parte di un personaggio immaginario.
Interessante il commento alla storiella che si ricava dalla cornice narrativa: Antenora, la nonna della Mazzantini, ride per l'ingegnosa ed irriverente burla ma la dinamica dei fatti narrati la fa pensare ed arriva alla conclusione (dichiarata) che è meglio non tenere gente a servizio.
Infine, libere associazioni. Ad ogni modo, lo stronzetto parlante con il ricciolo in capo ci fa pensare a Mister Unchi (Unichikun), il personaggio del manga Dr. Slump & Arale. Mentre, l'indagine investigativa messa in atto dalla vecchia megera per sapere chi l'ha fatta sul pavimento di casa, richiama la storia della piccola talpa del libro di Werner Holwarth “Chi me l'ha fatta in testa” (vedi post precedente).
 
©えっゃん
- le annotazioni di commento sono testi creativi originali ed, in quanto tali, sono soggetti alle vigenti norme sul diritto d'autore -
 

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